Il digiuno che io gradisco non è forse questo: che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi e che si spezzi ogni tipo di giogo? Non è forse questo: che tu divida il tuo pane con chi ha fame, che tu conduca a casa tua gli infelici privi di riparo, che quando vedi uno nudo tu lo copra e che tu non ti nasconda a colui che è carne della tua carne? Allora la tua luce spunterà come l’aurora, la tua guarigione germoglierà prontamente; la tua giustizia ti precederà, la gloria del Signore sarà la tua retroguardia. Allora chiamerai e il Signore ti risponderà; griderai, ed egli dirà: Eccomi! Se tu togli di mezzo a te il giogo, il dito accusatore e il parlare con menzogna; se tu supplisci ai bisogni dell’affamato, e sazi l’afflitto, la tua luce spunterà nelle tenebre e la tua notte oscura sarà come il mezzogiorno; il Signore ti guiderà sempre, ti sazierà nei luoghi aridi, darà vigore alle tue ossa; tu sarai come un giardino ben annaffiato, come una sorgente la cui acqua non manca mai. (Is 58:6-11)
Ricordati, Signore, di quello che ci è avvenuto! Guarda e vedi la nostra infamia! La nostra eredità è passata agli stranieri, le nostre case, agli estranei. Noi siamo diventati orfani, senza padre, le nostre madri sono come vedove. Noi beviamo la nostra acqua dietro pagamento, la nostra legna noi la compriamo. (Lam 5:1-4)
Noi che traiamo la nostra fede e la nostra certezza dalla Sacra Scrittura, non possiamo che essere familiari con il concetto dell’acqua. La Bibbia che noi leggiamo, infatti, è la storia di un popolo che ha sempre combattuto le sue battaglie intorno all’acqua. Un popolo nomade, nel deserto, non poteva che vedere nell’acqua la fonte di vita, la sorgente che da’ vita. Per questa sua natura, l’acqua porta con se parte dell’immagine di Dio.
Se quindi l’acqua porta con sé un po’ dell’immagine di Dio, all’acqua si accompagnano due delle fondamentali caratteristiche divine: la giustizia e la libertà.
Il testo del profeta Isaia che ha aperto questo incontro ci ha detto che la giustizia di Dio non si conclude all’interno dei nostri gesti sacri, ma richiede un impegno giornaliero, un impegno che va oltre la porta di casa nostra, che chiede forze ulteriori, che richiede che i nostri beni personali siano messi a disposizione della giustizia di Dio. È il nostro pane, quello che deve saziare l’affamato, la nostra acqua che lo deve dissetare. Se questo verrà fatto, il Signore stesso risponderà con la sua sazietà ci ricolmerà dei suoi beni ci renderà “come un giardino ben annaffiato, come una sorgente la cui acqua non manca mai”. Se noi offriamo la nostra acqua, Dio ci renderà una sorgente inesauribile.
Questa promessa ci arriva dal profeta Isaia attraverso le stesse parole del nostro comune Signore Gesù Cristo: l’acqua viva non avrà mai fine, e come la donna samaritana noi non possiamo che rispondere: “dacci quest’acqua, affinché non abbia più sete”.
Ma l’acqua che Dio ci dà liberamente non può essere messa sotto pagamento. Come abbiamo detto, solo se impegniamo del nostro, il Signore ci ricolmerà del suo. Eppure in questo periodo ci ritroviamo a decidere su alcune leggi che prevedono che l’acqua, così come sgorga dalla sorgente debba essere messa all’asta, contesa da chi la vuole gestire, come fosse una preda di caccia. All’impegno per dare del nostro, viene sostituita la obbligatorietà di pagare per ciò che è nostro, obbligatorietà perché non ci saranno enti pubblici in grado di offrire condizioni migliori di enti privati.
Ma questa è l’anima del commercio, no? Se gli enti privati possono spendere meno, anche noi spenderemo meno? No. Non lo dico io, ma una legge che il secondo quesito referendario vuole abrogare, la quale inserisce nella gestione dell’acqua il concetto di “adeguata remunerazione del capitale investito”. Cosa significa? Significa che chi ha la gestione dell’acqua, deve guadagnarci, è costretto per legge. Ora, gli acquedotti sono in perdita costante a causa di interruzioni, perdite, furti d’acqua. Se l’ente deve tenere d’occhio tutte queste cose, quindi spenderci soldi, ma ci deve anche guadagnare, dovrà per forza alzare i prezzi a dismisura, perché pareggiare i conti non sarà più abbastanza!
Nella nostra vita, dunque, si ripropone la stessa situazione biblica, l’acqua si fa specchio di giustizia e libertà. Eccoci dunque al passo delle Lamentazioni che abbiamo letto poco fa. Nella dura esperienza dell’esilio, Israele grida a Dio la propria situazione, non solo chiede sollievo spirituale, ma chiede giustizia materiale. Chiede a Dio di intervenire contro coloro che si sono impossessati di tutto e ora lo rivendono ai legittimi proprietari come fossero clienti.
L’acqua privata non è solo questione di giustizia, di equità non rispettata, di differenza abissale tra chi compra e chi vende, l’acqua privata è questione di libertà, perché non si può dire veramente libero, chi paga per ciò che è suo.
Equità, giustizia, libertà, liberazione. Ecco di cosa parla la Bibbia, quando parla d’acqua. E non solo d’acqua vogliamo parlare, questa sera, ma di altre cose nostre che vogliono venderci come fossero proprietà di qualcun altro. Per produrre l’energia che serve alle nostre case, alle nostre famiglie, vogliono venderci una tecnologia sorpassata, un pericolo sopito, ma mai domato, vogliono farci bere acqua e assenzio, direbbe la Bibbia, assorbire radiazioni, spacciandocela per acqua pura, per energia sostenibile, rinnovabile, pulita. Nessuno mette in dubbio il potere della tecnologia nucleare, ma se la Scrittura ci insegna qualcosa, è che, riguardo alle questioni umane, il potere è l’ultima cosa che dovremmo considerare, perché a Dio è stato dato il potere su ogni cosa. Noi dovremmo stare attenti al potere, al comando che Dio ci ha dato, ovvero di essere custodi di questa terra, non padroni, di dimorarvi e crescerla come la nostra casa, non schiavizzarla come un nemico vinto. Il nucleare non ci ha convinto una volta, perché dovremmo metterlo di nuovo in discussione? Ora che altre nazioni come Francia e Germania si dichiarano non così sicure di voler continuare l’avventura nucleare, ci gettiamo noi nella mischia, a riprenderci qualcosa che non fu mai nostro? Giustizia ed equità, libertà e liberazione ci guidino, ci guidino verso soluzioni energetiche uguali per tutti, non così pericolose, che rendano gli uomini liberi e non schiavi, sani e non malati. Come il Signore chiede del nostro per dissetare gli assetati, anche in campo energetico dovremmo imparare a dare del nostro, a sprecare di meno, consumare di meno, essere meno attenti al nostro lusso, e più attenti ai bisogni degli altri, si cammina verso un mondo migliore anche spegnendo la luce, cambiando le lampadine, utilizzando fonti alternative.
L’acqua porta con sé l’immagine di Dio, che è giustizia e libertà, equità nel trattamento di ogni cittadino. Così come rifiutiamo una fonte energetica che rafforza la nostra arroganza, invece che la nostra umiltà, che ci fortifica nello spreco, invece che nella responsabilità, così chiamiamo a responsabilità chi ci governa, li chiamiamo a rendere conto delle loro azioni, presenti e pregresse, nella sicurezza che la nostra giustizia imperfetta, assolutamente inadeguata alla giustizia di Dio, è comunque espressione del buon senso, della buona volontà e delle migliori capacità intellettive di tutta la nazione. Così come i politici e i governanti invitano noi a fidarci di loro, noi invitiamo loro a fidarsi del sistema che abbiamo costruito e che manteniamo con responsabilità, affinché tutti siano giudicati equamente, nel rispetto delle loro libertà, secondo il loro comportamento.
L’acqua, che riflette della giustizia e della libertà di Dio, non è solo l’acqua che noi consumiamo, libera e gratuita, non è solo l’acqua del nostro impegno e della nostra responsabilità per un creato salvaguardato e una giustizia equa, ma l’acqua è anche segno dello Spirito di Dio, Spirito che non ha cessato di muoversi tra di noi, Spirito che continuamente, come l’acqua, viene profuso dentro di noi, che ci fortifica e ci permette di essere fonte per gli altri. L’acqua che noi possiamo dare è frutto e segno dello Spirito di Dio, fonte inesauribile, pronta per noi, a patto che la chiediamo. Come dice il libro dell’Apocalisse: A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita.
Chi ha sete, venga; chi vuole, prenda in dono dell’acqua della vita. (Apo 21:6b, 22:17b)